Asform Atelier, memoria e visione del design del Novecento
Asform Atelier, memoria e visione del design del Novecento

Asform Atelier, memoria e visione del design del Novecento

Fondato nel 2020 da Marco Sartori ed Enricomaria Todaro, Asform Atelier è un laboratorio curatoriale che guarda al design del Novecento con occhi nuovi. La sua missione? Dare voce a oggetti dimenticati, raccontare storie inedite, riscoprire figure marginali o trascurate, senza confini geografici. Se l’Italia resta uno dei punti cardinali della ricerca, il progetto si apre anche al design internazionale.

Tra ricerca, collezionismo e narrazione visiva

Il cuore del progetto è una collezione viva e mutevole, composta da pezzi autentici che attraversano decenni e frontiere. Non si tratta solo di oggetti, ma di storie da custodire e trasmettere. Ogni pezzo viene indagato nel suo contesto, nella sua funzione, nel suo linguaggio formale, diventando il punto di partenza per una narrazione più ampia sul senso del progetto nella cultura materiale del secolo scorso.

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Instagram come archivio condiviso e accessibile

Attraverso il profilo instagram @asform.atelier, la collezione prende vita con contenuti divulgativi che intrecciano immagini d’epoca, analisi critiche e aneddoti. L’approccio è divulgativo con l’obiettivo di educare lo sguardo e stimolare la curiosità. Asform Atelier trasforma Instagram in un archivio dinamico, accessibile a tutti.

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Set design, styling e un nuovo uso del design vintage

Il progetto si estende anche nel campo della scenografia e dello styling, offrendo pezzi selezionati per servizi fotografici, produzioni audiovisive e allestimenti. Oggetti carichi di memoria vengono così riutilizzati in contesti contemporanei, acquistando nuovi significati. Alcuni di essi sono disponibili per la vendita o il noleggio, anche attraverso piattaforme come Catawiki.

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Un nome che racconta elasticità, forma e visione

Asform è un omaggio a un tipo di acciaio innovativo, molto usato negli anni Sessanta per la sua elasticità e capacità di dare forma a ciò che prima era impensabile. Atelier richiama invece il luogo del fare, del progettare, del costruire con cura. Insieme, i due termini sintetizzano perfettamente l’essenza del progetto: una bottega contemporanea dove ogni oggetto diventa occasione per riscoprire, riflettere, valorizzare.

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Oltre l’oggetto: il pensiero di Asform Atelier

Oggetti che raccontano, immagini che evocano, storie che riemergono dal margine. Per entrare nel cuore del progetto, abbiamo posto ai fondatori alcune domande che scavano nella visione, nell’approccio e nei desideri futuri di questo laboratorio curatoriale fuori dagli schemi.

#1 answer 
Il vostro lavoro riscrive una narrazione del design attraverso oggetti marginali o dimenticati: quanto pesa, oggi, il "fuori fuoco" nella lettura del Novecento?

Il "fuori fuoco" è, per noi, una chiave di lettura indispensabile.
Oggetti anonimi, prototipi mai prodotti, o progetti sfuggiti al canone sono fondamentali per capire la storia del design del ‘900. Una storia che sicuramente riesce ad arrivare al grande pubblico grazie alla forza dei pezzi iconici prodotti dai maestri del design e dalle aziende che hanno reso importante il concetto di oggetti di disegno industriale, ma non dobbiamo perdere di vista tutto il “sottobosco” composto da prodotti comunque di altissimo livello.
Rileggerli significa scardinare l'idea di un design lineare, fatto solo di firme e icone. Il Novecento, così osservato, è più complesso, più umano, è un design fatto di storie e relazioni. Perché sono le relazioni che generano i progetti più riusciti e che segnano le persone che vi entrano in contatto.

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#2 answer 
Trattate gli oggetti come portatori di storie più che come pezzi da collezione. In che modo il racconto può restituire senso a un progetto altrimenti invisibile?

Il racconto è il nostro modo di restituire dignità ed importanza a ciò che non è diventato di massa e quindi divulgato. Raccontarlo significa dargli una voce, farlo uscire dal silenzio e connetterlo a chi guarda, legge, immagina.
Gli oggetti non sono semplici pezzi da collezione e quindi il loro valore estetico diventa non l’unico metro di giudizio ma uno dei vari strumenti per giudicarne la bontà. Assieme vanno considerati: il momento storico di produzione, il percorso del singolo progettista e dell’azienda stessa, le motivazioni che sottendono la nascita del progetto e le esigenze che ne hanno scaturito la venuta al mondo.
Non sono più solo belli, proporzionati, eleganti. Acquisiscono maggior significato all’occhio di un osservatore consapevole della storia che si portano dietro.

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#3 answer 
Nel vostro feed emerge una sensibilità quasi cinematografica: che ruolo ha l’immaginario visivo nella vostra ricerca e divulgazione?

Ogni oggetto è un potenziale fotogramma, ogni post una piccola sceneggiatura. Il nostro obiettivo non è documentare, ma evocare: creare un campo percettivo in cui il progetto diventi esperienza. Quindi la cura nel fotografare dettagli e parti a volte secondarie, è parte di questo racconto.
Allacciandoci a quanto detto sopra, l’estetica non è tutto nel design, ma sicuramente è quella che per prima cattura l’occhio di un utente. Per questo il nostro feed è volutamente composto in maniera quasi randomica associando immagini intere degli oggetti a zoom emozionali su porzioni di questi che magari raccontano un materiale, una lavorazione, un dettaglio o un processo produttivo.

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#4 answer
La vostra collezione attraversa confini geografici e tipologici. Avete mai scoperto connessioni inaspettate tra oggetti lontani nel tempo e nello spazio?

Assolutamente sì. La forma, i materiali, le soluzioni tecniche si rincorrono, si contaminano, si reinventano. A volte capita di riconoscere lo stesso gesto progettuale. Spesso si leggono fili conduttori tra un oggetto e il suo tempo, ma altre volte è proprio l’oggetto a sfuggire al suo contesto, diventando modello, archetipo, ispirazione. Alcuni progetti tornano ciclicamente, reinterpretati con nuovi materiali o nuove tecnologie, proprio perché capaci di generare un fascino che attraversa le epoche.

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#5 answer
Asform si muove tra archivio e scenografia, Instagram e mercato: come curate l’equilibrio tra autenticità culturale e sostenibilità economica?

Non vogliamo snaturare la nostra ricerca, ma allo stesso tempo un progetto culturale deve essere sostenibile da un punto di vista economico. Per questo cerchiamo forme ibride: come il noleggio per shooting fotografici, le consulenze progettuali, la ricerca di pezzi ad hoc per clienti speciali oppure la vendita di qualche pezzo per noi doppio.

Se oggi ci chiedessero di fare un bilancio però l’autenticità culturale deve essere sicuramente prioritaria rispetto alla sostenibilità economica che è di per se variabile nel tempo e va ricercata nel lungo periodo.

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#6 answer
Se doveste progettare un allestimento fisico, un “interno Asform”, come sarebbe? Che oggetti, atmosfera e narrazione lo abiterebbero?

Sarebbe uno spazio stratificato. Se parliamo di un nostro spazio Asform, progetto che abbiamo in cantiere, allora ci piacerebbe che chi dovesse entrare si sentisse in un racconto più che in un'esposizione: un’esperienza immersiva fatta di silenzi, scoperte e piccoli cortocircuiti visivi.
Una sorta di percorso che alterni oggetti anche completamente diversi e possa metterli in dialogo per stimolare la riflessione del visitatore. Questa operazione risulta tutt’altro che semplice ma può generare delle reazioni inaspettate e premiare come risposta estetica e di ricerca personale.

Quando invece ci viene chiesto di allestire un interno per un cliente allora ci lasciamo guidare da una stretta relazione che cerchiamo di instaurare con il committente, tentando di entrare in sintonia con questo, e trasformandolo in parte attiva del processo. Lavoriamo scavando nel passato delle persone andando a smuovere emozioni e ricordi che possono generare intuizioni progettuali e dare spunti per la selezione dei pezzi giusti da inserire negli interni che proponiamo.

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#7 answer
Siamo giunti quasi al termine dell’intervista, in redazione siamo tutti appassionati di musica ed è uno dei linguaggi artistici che privilegiamo, vi va di dirci tre tracce a cui siete particolarmente legati. Grazie.

Volentieri e grazie a voi per l’intervista che, dobbiamo essere sinceri, ci ha permesso a tratti di sviluppare dei pensieri che risultavano ancora embrionali su alcuni temi.

Ecco tre tracce che ci accompagnano spesso nel lavoro e nella ricerca:
Lucio dalla - Disperato erotico stomp
Franco Battiato–La cura
Eddy vedder –Society

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